Poesie prime classificate 2022 - Liberarte Sesto

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POESIA PRIMA CLASSIFICATA CONCORSO SAN LORENZO 2022 SEZIONE
POESIA IN LINGUA

LANDAI
(a Zarmina “Rahila”, poetessa afghana bruciata viva)

Tu non sai come l’aria sia una pietra
fra queste mura che non sono casa,
dietro inferriate che bevono luce
e del mondo rimandano un tassello,
un sorso di una luna vanitosa
che mai potrai toccare con lo sguardo.

Non sai di un bucaneve nato presto
sotto un marmo d’inverno troppo gelido
pesante sopra petali e pistillo,
irriverente sul gambo in cristallo.

Non sai del grido soffocato al laccio
di chi allontana il fuoco di un raggiante
cielo, la libertà del volo, di cadere,
di amare senza tema di morire.

Lo vedi, sì, il mio carcere di stoffa
scura, ma gli occhi miei sono di talpa,
chiusi su un giorno in posa nella cenere
perché i colori sfumano nascendo.

Non sai del vuoto largo nella mente
scavato dal divieto di sapere,
se per te un libro è pianta velenosa
e se lo sfogli cade il tuo aquilone.

Non sai l’abisso che mi scese dentro
e inondò di vergogna il mio candore
quando mio padre mi sposò a un estraneo
per una dote in bestie da lavoro.

Non sai il deserto che si aprì nel grembo
quando fui saccheggiata dai fratelli
come un veliero in preda ai bucanieri,
ogni mio petalo foglia d’autunno.

E non saprai mai la pelle che infiamma
una poesia, due versi abbarbicati
sopra la lucida follia del vivere
in una zolla ostile al seme tuo

dove per ardere basta un landai.

POESIA SECONDA CLASSIFICATA CONCORSO SAN LORENZO 2022 SEZIONE POESIA IN LINGUA

QUEL VESTITO A FIORI…
(Dedicata alle vittime del lavoro)

Sorge l’alba su bioccoli di bruma
e l’aria ancora fredda par blandire
quella solennità del paesaggio
con dita evanescenti di grigiore.
Ed io pedalo lungo quella via
tra gracchi di cornacchie infreddolite;
si è fatto tardi e cresce l’ansimare,
ancora un poco e arriverò al cantiere.
In bocca sento il gusto del caffè
e di Gina la voce nelle orecchie:
‘’Occorrono le scarpe pei bambini:
le cercherò al mercato stamattina.’’
Dura la vita pur se si lavora,
ma presto o tardi muteran le cose.
Intanto sento forte la sirena
e prontamente salgo all’armatura.
E su, a gettar cemento con l’affanno
di non poter pagare la pigione.
Mattone su mattone e sogni strambi
cercando solo un poco d’allegria.
Ma ecco che una fune cede al peso
e dopo un sol momento crolla il ponte.

Le languide carezze della brezza
sorte dall’aria in bioccoli di bruma
carezzano il mio volto impallidito
rendendo tutto il corpo più leggero.
Ripenso a quel vestito della Gina
che aveva indosso al nostro primo incontro
e che risate quando giù in cantina
la madre ci soprese in tenerezze.
Ma il chiasso degli uccelli mi stordisce
… cos’è questa mestizia che mi opprime?
Ricordo solo un grido al nulla sorto:
‘’ Signore benedetto! Giulio è morto!’’
Mi sento veleggiar tra gli alti pioppi
con nella mente quel vestito a fiori
che aveva rose gialle sopra il fianco
ma… adesso… chiudo gli occhi che son stanco
… ci penserò domani alla pigione.
POESIA TERZA CLASSIFICATA CONCORSO SAN LORENZO 2022
SEZIONE POESIA IN LINGUA

UN CANE DA COMBATTIMENTO

Io non conosco
il tempo del correre felice,
i fili d’erba che mi accarezzano,
i salti e le capriole
nel vento leggero che mi liscia la pelle,
il sole caldo che mi fa ansimare.
Io non conosco il tenero tepore
di un tappeto di foglie,
il pallone che rotola, rotola lontano
e non riesco ad afferrare.
So di occhi che non riconosco,
delle sferzate e del dolore provato
nel sentirmi azzannare,
del male che faccio
a chi per difesa
a sua volta mi assale.
So del rumore assordante,
delle bestemmie che vengono e vanno,
dei gesti di mani istiganti
nell’aria incattivita
di arene nascoste.
So del freddo e del buio
e del terrore provato,
del silenzio che mi attornia
ogni volta la notte,
delle percosse e del bastone
padrone di ogni mio gesto.
So di dovere un giorno morire,
sanguinante e ferito,
abbandonato in un campo
o nel rigagnolo di un misero fosso
tra ranuncoli e viole.
E io sognavo carezze e leccate,
baci e corse nell’acqua del mare,
il rotolarsi sulla sabbia dorata
fino al tramonto del sole.
Sognavo il gioco gaudente
con un bambino festante,
l’abbraccio che non potrò mai avere,
il provare per una volta l’amore.
Io, ogni giorno più spento
io, un cane da combattimento.
POESIA PRIMA CLASSIFICATA CONCORSO SAN LORENZO 2022
SEZIONE POESIA IN DIALETTO

A seggia

Ormèai sta ssempri a cchilla rasella,
e ttena cumpagnìa a cchillu focudèaru
affumichèatu e stùartu pèaru pèaru,
è ssuda, mma lla cci pèara bella.
A ssa sèggia c’è scrittu nu ricùardu bìallu,
e chilli siri e tant’anni mo passèati,
e chilli tanti e ttanti cudi strichèati,
e du cchiù rrannu, e ddu quatrarìallu.
A sira si ci assettèava mammarella,
quanni m’anninnèava ppe mm’addormentèari,
e ssentìa chilli ninnananni cuntèari,
na rumanza e amuru o na canzunella.
Si ci assettava papà chjinu e stanchezza,
doppi aviri zappèatu na jurnèata,
a giacca alla spallera sempri appichèata,
si chjichèava e arrustìa na sazizza.
Si ci assettava lla nonna, povarella,
quanti doduri avìa a cchilli cùasti,
alli mèani tenìa ssempri i Patrinùasti,
nu Risariu dicìa a cchilla Madonnella.
Ugnettanti puru a gatta cci zumpèava,
ca ugne mumenti chilla chèasa chèasa,
c’èrani sùrici a dugne rrèasa,
e d’illa stèava quatta e d’aspettèava.
Quanni i digna schcattarijavani allu fùacu,
a vrusciavani i fajilli e stèava ccittu,
puru quanni ll’untèava ll’ùagliu frittu,
stèava ccittu, ppe d’illa era nnu jùacu.
Quann’era becchia, doduri nni tenìa,
era ttutta storta e schchetrichijèava,
s’un si stèava accorti chini si ci assettèava,
duangu duangu ‘nterra si nni jia.
Chèara vecchia sèggia, mo chi si spaglièata,
ti nni sta a ssa rasella suda e bacanta,
e d’aspìatti u vodiri e ‘ncuna Santa
ppe rritornèari cumi na vota ‘mpaglièata.
Ppe ritornèari a bìdari n’èatra vota u fùacu,
a ssu focudèaru vìacchiu e sciollèatu,
a ffèari riposèari chin’è stanchèatu,
a tt’anninnèari ppe llu sùannu e ppe llu jùacu.

La sedia
Oramai sta sempre in quell’angolo,
e tiene compagnia a quel caminetto,
affumicato e sbilenco dappertutto,
è sola, e in quell’angolo sembra bella.
A questa sedia c’è scritto un ricordo bello,
di quelle sere, da tanti anni ormai passate,
di quei tanti e tanti sederi strofinati,
dai più grandi e dai ragazzini.
La sera vi sedeva la mamma,
quando mi cullava per addormentarmi,
e sentiva quelle ninna nanne raccontare,
una romanza d’amore o una canzoncina.
Vi sedeva il papà pieno di stanchezza,
dopo aver zappato un’intera giornata,
la giacca alla spalliera sempre appesa,
si chinava e arrostiva una salsiccia.
Vi sedeva la nonna poverina,
quanti dolori teneva a quelle spalle,
nelle mani aveva sempre il Rosario,
e lo diceva a quella Madonnina.
Ogni tanto anche il gatto vi saltava,
perché ogni momento per quella casa,
c’erano topi dappertutto,
e lui stava quatto e aspettava.
Quando la legna scoppiettava nel caminetto,
la bruciavano le scintille e stava muta,
anche quando veniva unta dall’olio fritto,
stava muta, per lei era un gioco.
Quando era vecchia, dolori ne aveva,
era tutta sbilenca e scricchiolava,
se non stava attento chi vi sedeva,
lungo per terra andava a finire.
Cara vecchia sedia ora che sei consumata,
te ne stai in quest’angolo sola e vuota,
e aspetti il miracolo di qualche Santa
per ritornare come una volta impagliata.
Per ritornare a vedere nuovamente il fuoco,
in questo caminetto vecchio e malandato,
a far riposare chi è stanco,
a dondolarti per il sonno e per il gioco.
POESIA SECONDA CLASSIFICATA CONCORSO SAN LORENZO 2022
SEZIONE POESIA IN DIALETTO

                                                       'R DPCM

‘R Consiglio dell’Inferno ha varato un DPCM co’ novi peccati e ha richiamato Dante ar lavoro.

Minosse                          Ecco ‘va ‘r Dippiciemme novo,
                                        c'e da aggiornà’ tutto ll’inferno.
Dante                          Son vesti e’ peccati? , mi ci provo,

                                     ma ‘un penzà’ che ci vogli ‘n giorno!.
                                       Ll’Anticoviddi ar seöndo girone,
                                        condannerò a portà’ ‘n eterno

                                         la mascherina sotto ar solleone.
                                      E’ NoVasse dov ran sempre scappare
                                       pinzati da vespe ‘n continuazione.

                                      Ner terzo, tra ‘r fango ad annaspare,
                                          metterò ‘ sudici dell’ambiente,
                                       a gorgoglià’ ner puzzo e ner fetore.

                                      ‘Nder quinto, senza spina di örrente,
                                        andran tutti ‘e Sociardipendenti,
                                       e coll’Aifone ‘un p otran fa’ gnente.

                                        ‘Terrapiattisti, boia deh…, son tanti,
                                         andran ner sesto, coll’occhi aperti
                                        avran Superquarche sempre davanti.

                                         Ner settimo, mocciosi e ‘mpauriti,
                                          ‘ Bulli tra biberon e pannolini
                                             trattati come tanti neonati.

                                          Nell’ottavo ll’ Haterse trappoloni,
                                            bravi a dì’ male, ma di nascosto,
                                            chienuti penzoloni da’ ...ärzoni.

                                          Anco pe’ ll’Orchi troverò ‘r posto,
                                         andran drento alla bocca di Lucifero
                                           stritolati ar buio dall’Antigristo.

                                           Credo d’avè’ finito ‘r mi’ lavoro;
                                              torno a Ravenna a riposà’,
                                           cor mi’ libbrone e la öron d’alloro,

                                            ecco... ‘vesto è ‘r conto da pagà;
                                             fattura o ar nero collo sconto ?”.
Minosse                              “ Che fattura...oh Dante dammi ‘va,

                                              vi semo all’Inferi !, dimmi ‘vanto”.


Terzine dantesche

                                                               Il DPCM
Il Consiglio d’amministrazione infernale ha emanato un nuovo DPCM con nuovi peccati. Dante, d’amministrazione infernale ha emanato un nuovo DPCM con nuovi peccati. Dante, risvegliato d’urgenza da Minosse, deve aggiornare il suo Inferno.risvegliato d’urgenza da Minosse, deve aggiornare il suo Inferno.

Minosse                   Han fatto un Dipiciemme nuovo,
                             bisogna risistemar tutto l’Inferno.
Dante                    Beh, vediamo-i peccati, mi ci provo,

                              però non pensar che basti un giorno….
                              Gli-Anticovid, nel secondo girone,
                               condanno a portare in eterno

                              la mascherina sotto--al solleone.
                             Ai No--Vax toccherà sempre fuggire
                              punti da vespe in continuazione.

                             Nel terzo, tra-il fango a gorgogliare,
                             metterem gli Zozzoni dell’ambiente,
                              ammorbati dal puzzo--e dal fetore.

                             Nel quinto, senza spina di corrente,
                               andran tutti i Social-dipendenti,
                             e con l’ I-Phone non potran far niente.

                              I Terrapiattisti, e sonoono-in tanti,
                               nel sesto con gli occhi spalancati,
                              avranno Superquark sempre davanti.

                               Nel settimo, piangenti-e spaventati,
                              i Bulli con pappine-e pannolini,
                                  trattati come tanti neonati.

                                 Nell’ottavo gli Haters trappoloni,
                                molto bravi--a sparlare di nascosto,
                                 appesi--in bellavista dai c...alzoni.

                                    Agli Orchi darò il peggior posto:
                                    andran tra le fauci di Lucifero,
                                  tra gli-aguzzi denti dell’Anticristo.

                                     Ecco ho finito il mio lavoro,
                                     a Ravenna torno a riposare
                                 col gran librone ed il mio alloro;

                                   ecco questo è il conto da pagare;
                                     fattura o ar nero collo sconto?”.
Minosse                     “ Che fattura ! , oh Dante per piacere…

                                 qui siamo all’ Inferno, dimmi quanto!”
POESIA TERZA CLASSIFICATA CONCORSO SAN LORENZO 2022
SEZIONE POESIA IN DIALETTO

Ea fantoina no a conosseva el Nadal (Vernacolo Veneto – Mestre (Ve))

Ea fantoina no a conosseva el Nadal,
l’incanto del presepe e luci dee stee
puìe come giosse de rugiada.
Ea fantoina no a saveva cossa gera un pigiama
co i disegni de topoìn,
una frase scrita sull’orlo,
el disegno de un cuoricin.
Ea fantoina no a gaveva mai scrito
una ettera a Babo Nadal,
per domandarghe un po’ d’amor
e un vestito da regaar a so sorea.
No a gaveva mai visto un negosio de zoghi,
no a conosseva adobbi nataissi,
no a gaveva mai visto un biscotto
a forma de omin,
una baetta de ciocoato
per adolsir e sere amare neo Yemen,
nell’ombra, prigioniera de un orco.
Ea fantoina avorava piansendo
sua paia dorada
finsendo de esser fortunada.
Toccava ea so nudità
ogni volta che l’orco ea inseguiva,
ogni volta che a veniva umìiada.
Nessuna caressa de consoasion
né na’ corassa de forsa
per sostener el corpo nel door,
ma soo una fede nascosta
tra e preghiere mai ditte.

La bambina non conosceva il Natale (Traduzione italiano)

La bambina non conosceva il Natale,
l’incanto del presepe e le luci delle stelle
pulite come gocce di rugiada.
La bambina non sapeva cosa fosse un pigiama
con i disegni di topolino,
una frase scritta sull’orlo,
il disegno di un cuoricino.
La bambina non aveva mai scritto
una lettera a Babbo Natale,
per chiedergli un po’ d’amore
e un vestito da regalare alla sorella.
Non aveva mai visto un negozio di giocattoli,
non conosceva addobbi natalizi,
non aveva mai visto un biscotto
a forma di omino,
una pallina di cioccolato
per addolcire le sere amare nello Yemen,
nell’ombra, prigioniera di un orco.
La bambina lavorava piangendo
sulla paglia dorata
fingendo di essere fortunata.
Toccava la sua nudità
ogni volta che l’orco la inseguiva,
ogni volta che veniva umiliata.
Nessuna carezza di consolazione
né una corazza di forza
per sostenere il corpo nel dolore,
ma solo una fede nascosta
tra le preghiere mai dette.
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